Il ciclo di vita di ogni persona e di ogni famiglia si compone di diverse fasi, che in alcuni casi possono arrivare prima o dopo nel corso della vita. Pensiamo ad esempio alla genitorialità, che può arrivare a 20 anni, a 40 anni, oppure non arrivare mai. La fase dell’adolescenza, invece, arriva per tutte le persone, anche se con sfumature un po’ diverse per ciascunə. Sappiamo che si tratta di quella fase della vita che intercorre tra la fanciullezza e l’età adulta, e che l’adolescenza ha inizio con la pubertà, ovvero con la maturazione biologica e lo sviluppo dei caratteri sessuali secondari. Ci sono tantissimi studi sull’adolescenza, ma ancora non è definibile a priori quale sia la sua durata, sappiamo che dura diversi anni e che è uno dei periodi della vita maggiormente caratterizzato dal tema del cambiamento.
Da un certo punto di vista, il cambiamento è atteso come il passaggio ad una fase migliore, l’obiettivo di diventare grandi ha fatto parte di tutta l’infanzia, insieme al tema dell’emancipazione, della conquista di nuovi spazi e libertà. Da un altro punto di vista, la crescita comporta la perdita di ciò che si era, della comfort zone rappresentata da ciò che è conosciuto e familiare e prevede il confronto con un nuovo, sconosciuto modo di essere e di sentire.
Uno dei primi cambiamenti riguarda il corpo, che si trasforma in modo irreversibile e questo ha delle ripercussioni anche sui vissuti personali dell’adolescente. È infatti un momento in cui ci si osserva e si riflette su di sé. Lo sviluppo sessuale porta spesso le persone in questa fascia d’età ad avere le prime esperienze erotico-sessuali, anche se, come sappiamo, non esiste un tempo standard perché queste avvengano. In alcuni casi questo succede nell’età adulta, in altri casi avviene durante l’infanzia, in altri casi ancora non avviene mai. La sessualità ricopre un ruolo molto importante in questa fase dello sviluppo, questo è infatti anche un momento in cui l’identità sessuale si può esprimere in un modo diverso rispetto al passato. È possibile che un’adolescente provi attrazione o curiosità per un dato genere o per più generi (o per nessun genere), o che senta di appartenere ad un genere diverso da quello che è stato assegnato alla persona alla nascita.
La riflessione su di sé, in particolare in questa fase, continua oltre la sfera sessuale e il corpo, ci si guarda dentro, più in profondità rispetto all’infanzia, e ci si chiede “chi sono io?”, “cosa mi piace?”.
L’adolescente si trova in una fase in cui impara a pensare e a ragionare in termini nuovi. Si aprono nuovi scenari, è in grado di pensare al futuro, mette in discussione tutto ciò che lə circonda, in particolare ciò che concerne la dimensione familiare.
La socializzazione assume in questa fase dello sviluppo una particolare rilevanza, perché i gruppi di coetaneə e i rapporti di amicizia rappresentano importanti elementi per acquisire maggiori competenze sociali e relazionali. Spesso si ha la tendenza a frequentare un gruppo di amicə, che viene vissuto come speciale e irrinunciabile. Esistono diversi studi che descrivono le principali motivazioni che spingono lə adolescenti a frequentare un gruppo di amicə. Ad esempio:
- Stare insieme alle persone coetanee
- Parlare con persone che hanno gli stessi problemi
- Poter affermare la propria identità senza essere giudicatə
- Affrontare conversazioni su temi di cui a casa non si può o non si vuole parlare
- Avere qualcuno con cui confidarsi
- Fare cose interessanti
- Fare liberamente ciò che piace
- Condividere dei valori
- Affrontare difficoltà insieme ad altrə.
Non tuttə lə adolescenti però hanno questa propensione al gruppo, ci sono sempre più situazioni di isolamento sociale, in particolare negli ultimissimi anni. In questi casi è importante riconoscere che l’adolescente sta incontrando delle difficoltà, per le quali è possibile chiedere aiuto.
Anche il correre rischi fa parte di questa specifica fase dello sviluppo. Pensiamo alla trasgressione delle regole imposte dalla famiglia, laddove queste regole siano definite chiaramente. Spesso le persone adolescenti attuano comportamenti di ricerca di sensazioni forti, quasi a voler verificare quali sono i limiti delle proprie capacità.
Arriviamo quindi a parlare dell’adolescente in famiglia. Sappiamo che la famiglia è il primo agente di socializzazione dellə figliə, anche se ormai sappiamo che non è più l’unico (pensiamo all’importanza del contesto scolastico). Uno dei più importanti compiti di sviluppo per l’adolescente è quello di emanciparsi dalle figure genitoriali per arrivare ad una piena individuazione di sé. Questo corrisponde ad un compito di sviluppo per i genitori, ovvero l’esigenza di trovare una modalità adeguata di comunicazione con lə figliə adolescenti e uno stile genitoriale che sia un giusto compromesso tra la libertà che connota la vita adulta e la privazione di una certa autonomia, come è stato durante l’infanzia. Si può affermare quindi che oggi l’adolescenza non è più vista come un evento critico che riguarda esclusivamente l’adolescente, ma è soprattutto un’impresa evolutiva congiunta di genitori e figliə, con l’obiettivo di rendere possibile il reciproco distacco, idealmente evitando rotture irreparabili.
Questa particolare evoluzione della famiglia è stata analizzata in modo particolarmente efficace dalla teoria sistemica. Infatti, l’approccio sistemico-relazionale ha concettualizzato la famiglia come un sistema dinamico e aperto, in cui tutti i componenti sono strettamente interdipendenti, legati da influenze reciproche e circolari. Questo significa che bisogna tener conto dell’influenza che i genitori e i fratelli e le sorelle esercitano sull’adolescente, e, allo stesso tempo, dell’influenza che i cambiamenti nella vita dell’adolescente (e l’adolescente stessə) esercitano sul resto della famiglia e sulle relazioni familiari. Questa circolarità svolge un ruolo centrale, poiché consente di riflettere sulla relazione e sul modo in cui ogni membro della famiglia interagisce con gli altri membri. Inoltre, tenere a mente i concetti di reciprocità e circolarità permette di mettersi in discussione e considerare qual è il proprio contributo all’interno di quella relazione (in questo caso, quella tra genitori e figliə).
Alcuni spunti di riflessione:
Spesso, si tende a pensare alle dinamiche familiari in modo lineare, ovvero causa – effetto. Ad esempio, il figlio non ha fatto i compiti e quindi il genitore si arrabbia. In questo esempio, il fatto che il genitore si arrabbi è l’effetto del comportamento del figlio, ovvero, il figlio ha causato la rabbia del genitore. In sintesi, la colpa è del figlio.
Figlio non fa i compiti –> genitore si arrabbia
Se proviamo invece ad allargare lo sguardo, noteremo che, anche nel nostro esempio, le cose possono essere più complesse di così. Poniamo che il fatto che il genitore si arrabbi per i compiti non svolti metta il figlio in una condizione emotivamente negativa, ad esempio lui può sentirsi in colpa oppure avvertire una certa quota di ansia perché il genitore si è arrabbiato. Questo produrrà come conseguenza che il figlio continuerà a non fare i compiti, ovvero
Figlio non fa i compiti –> genitore si arrabbia –> figlio non fa i compiti –> ecc.
Laddove la freccia può essere considerata come un “quindi”, in un susseguirsi di eventi che si ripetono all’infinito. Si tratta solo di un esempio, che vuole essere uno spunto su cui riflettere. In questo esempio appena fornito, la causalità è circolare. La dinamica genitore-figlio porta ad un circolo vizioso, ma questo meccanismo può anche essere invertito, aumentando la propria consapevolezza e trovando dentro di sé i giusti strumenti per comunicare in modo più efficace.