Trigger warning: gravidanza
Gli studi sulla genitorialità in individui transgender e non binari sono spesso limitati a causa di campioni poco numerosi o alla non inclusione di variabili sull’identità di genere nelle indagini. Cerchiamo ugualmente di fare chiarezza su questo argomento e di raccogliere le informazioni attualmente disponibili.
In uno studio canadese condotto su oltre 400 persone trans* adulte, è emerso che il 24,1% di loro era composto da genitori. Tra questi, il 77,9% era costituito da genitori biologici, il 24,3% si identificava come “genitore acquisito”, l’8,8% come partner di un genitore biologico e il 3,6% come “genitore intenzionalmente non biologico” [1]. Negli Stati Uniti, i risultati del National Transgender Discrimination Survey su oltre 6000 persone adulte transgender e non binarie, hanno evidenziato che il 38% di loro era costituito da genitori. Gli intervistati che hanno preso consapevolezza della loro identità di genere più tardi nella vita avevano maggiori probabilità di essere genitori: l’82% di coloro che hanno affrontato una transizione sociale dopo i 55 anni di età sono genitori. In un altro studio, il 41% degli individui transgender ha riferito di essere genitore rispetto al 20% degli individui non binari. Emerge in più di uno studio che le donne transgender hanno maggiori probabilità di essere genitori (52%) rispetto agli uomini transgender (17%) [2].
La terapia ormonale femminilizzante/mascolinizzante può limitare la fertilità (Darney, 2008; Cui Zhang, Gu, Wang & Bremner, 1999). Questo dato varia da persona a persona, in base a fattori genetici, alla loro fertilità prima dell’inizio del trattamento e anche in base alla data di inizio del trattamento ormonale.
C’è accordo tra le principali società mediche a livello mondiale (tra cui l’American Society for Reproductive Medicine, l’European Society of Human Reproduction and Embryology, il World Professional Association for Transgender Health e la Endocrine Society), sul fatto che le persone transgender e non binarie dovrebbero ricevere consulenze sulla conservazione della fertilità prima dell’inizio del trattamento di affermazione del genere e prima di sottoporsi ad interventi chirurgici per rimuovere o modificare i propri organi riproduttivi, in modo che possano valutare più opzioni, tra cui il congelamento dei gameti [3,4].
Nel caso di donne trans* e persone non binarie assegnate maschio alla nascita, potranno prendere in considerazione l’uso di surrogacy, qualora non avessero unə partner in grado di portare avanti una gravidanza.
Gli uomini trans* e altre persone trans-masculine potrebbero avere il desiderio e la possibilità di portare avanti una gravidanza, come nel caso dei Seahorse Dad. I fattori generali che influenzano le possibilità di una donna cisgender di restare incinta hanno la stessa influenza anche sulle persone transgender: età, salute generale, stile di vita.
Aspetti legali
Storicamente, gli individui transgender in alcuni paesi sono stati costretti a scegliere tra la genitorialità biologica e il percorso di affermazione di genere, poiché la sterilizzazione era una condizione obbligatoria per ottenere la modifica legale del genere sui documenti. Con l’evoluzione della comprensione dello spettro dell’identità di genere, a partire dal 2014 molti paesi, tra cui Italia (2015), Svezia, Germania e Belgio, hanno rimosso questo requisito discriminatorio, incoraggiando così l’esplorazione dell’eventuale desiderio di genitorialità tra le persone transgender. Alcune nazioni come il Giappone e alcuni degli Stati Uniti richiedono ancora oggi la sterilizzazione per l’adeguamento dei documenti.
Gli ostacoli legali sulla strada della genitorialità transgender non si limitano a questo: il requisito di sterilizzazione sopra citato è stato talvolta utilizzato dai tribunali come giustificazione per negare o limitare l’affidamento dei figli. In uno studio americano, il 13% degli intervistati ha riferito che i tribunali hanno imposto loro di limitare o interrompere le relazioni con la prole a causa della loro identità di genere [2]. In un altro studio canadese su oltre 400 persone transgender, il 18,1% ha dichiarato di non avere legalmente la possibilità di avere rapporti con la propria prole e il 17,7% ha dichiarato di averne subito la perdita o la riduzione dell’affidamento perché erano trans* [1].
Desiderio di genitorialità
Anche il desiderio di genitorialità tra gli individui transgender e non binari è scarsamente rappresentato nella letteratura scientifica.
In uno studio canadese su adulti transgender, il 19,4% degli attuali genitori e il 36,7% dei non genitori hanno riferito un desiderio di genitorialità [1]. In uno studio tedesco su 189 adulti transgender che stavano per iniziare la cura ormonale per l’affermazione del genere, il 46% degli uomini trans* e il 15% delle donne trans* hanno indicato che avere figliə era attualmente importante per loro, e un ulteriore 53% degli uomini trans* e il 65% delle donne trans* ha riferito di poter immaginare di avere figli in futuro [3].
Sono stati individuati alcuni ostacoli potenziali per la realizzazione di questi desideri:
- presunte difficoltà con il processo di adozione (41,3%)
- paura che il proprio figlio fosse discriminato per l’identità di genere dei propri genitori (38%)
- ricevere discriminazioni in quanto genitore transgender (32,6%)
- il costo dell’utilizzo dei propri gameti per la riproduzione (32,6%) [5].
Un terzo delle persone trans* ha pianificato di diventare genitore attraverso l’adozione e una percentuale compresa tra il 20% e il 47% degli intervistati desiderava una prole biologicamente correlata. Tale percentuale varia in base agli studi, ma si può affermare che da un terzo a due terzi dei giovani adulti trans* desiderano diventare genitori, biologici o meno, ad un certo punto della loro vita [6]. In un sondaggio su 156 adolescenti transgender, il 71% ha espresso interesse per la genitorialità attraverso l’adozione (statisticamente questo riguarda maggiormente le donne trans* rispetto agli uomini trans*) [7,8,9].
Informazioni sulla fertilità
Sebbene la maggior parte delle cliniche per la fertilità non neghi apertamente l’assistenza alle persone transgender, l’accesso alla cura della fertilità è spesso limitata. Un’analisi dei siti Web di oltre 300 cliniche per la fertilità negli Stati Uniti ha rivelato che solo il 53% offriva contenuti rivolti anche alla popolazione LGBT e solo il 32% includeva specificamente persone transgender [10].
Allo stesso modo, l’accesso ai servizi di adozione è notevolmente limitato per le persone transgender e non binarie. Un sondaggio che ha indagato gli atteggiamenti delle agenzie di adozione nei confronti delle minoranze di genere ha rilevato che meno di un terzo delle agenzie aveva una politica di non discriminazione e solo il 16% reclutava attivamente minoranze sessuali e di genere come potenziali genitori adottivi [11].
Un recente sondaggio tra persone transgender in Belgio ha rivelato che il 37% degli intervistati non aveva ricevuto nessuna informazione sulla conservazione della fertilità. Solo il 36% degli intervistati aveva ricevuto tali informazioni da parte di personale medico-sanitario, il 14% da associazioni LGBT+ e il 14% da ricerche proprie o tramite amici o conoscenti [5]. Allo stesso modo, in un sondaggio austriaco sugli individui transgender, sebbene il 95% degli intervistati ritenesse che la consulenza per la conservazione della fertilità dovrebbe essere proposta a tutte le persone transgender e non binarie, il 68% degli intervistati afferma di non aver ricevuto tali informazioni [12]. In un campione di uomini transgender che avevano subito un intervento chirurgico di affermazione di genere, il 38% ha riferito che avrebbe preso in considerazione il congelamento dei gameti se avessero saputo di poterlo fare [13].
Tra coloro che hanno percorso questa strada, la motivazione più diffusa era il desiderio di avere l’opzione disponibile in futuro [12].
Le principali motivazioni che spingono le persone a rifiutare il congelamento dei gameti sono:
- costi elevati
- nessun interesse per la prole geneticamente correlata
- pensiero che avere figliə causi disforia
- preferenza per adozione
- non voler mai avere figliə
- preoccupazione per il potenziale posticipo del trattamento ormonale [14].
Studi sulla prole
Diversi studi su bambinə cresciutə da genitori transgender hanno sfatato il mito secondo cui l’identità di genere di un genitore ha un impatto negativo sulla prole [15,16]. Dalla letteratura scientifica emerge che l’identità di genere dei genitori non influisce negativamente sullo sviluppo ed in particolare sullo sviluppo psico-sessuale della prole [17,18].
Qualora la nascita della prole sia precedente al momento in cui il genitore ha preso consapevolezza della sua identità trans* o non binaria, una comunicazione chiara può influenzare positivamente la relazione genitore-figliə [16,19]. Questi studi sullo sviluppo infantile nel contesto della genitorialità transgender sono rassicuranti e forniscono prove del fatto che avere un genitore transgender non influisce sull’identità di genere della prole, sull’orientamento sessuale e sullo sviluppo in generale. Inoltre, le esperienze personali degli individui transgender possono consentire loro in modo univoco di fungere da modello di autenticità e autodeterminazione per la prole [1]. Queste conclusioni supportano il bisogno di mettere in pratica azioni per migliorare l’accesso ai servizi di assistenza per la fertilità, l’affido e l’adozione per individui transgender e non binari che stanno progettando di diventare genitori.
Impatto della genitorialità su individui adulti
Diversi studi hanno dimostrato che la genitorialità ha un impatto positivo anche sulle stesse persone trans* e non binarie, ad esempio è risultato che genitori transgender avevano meno probabilità di evitare gli spazi pubblici a causa della transfobia rispetto alle persone trans* non genitori [1]. La genitorialità può essere vissuta da una persona transgender come pratica autoaffermativa, che contribuisce positivamente alla propria identità di genere e al senso di sé [20]. Atri studi hanno riscontrato che gli individui con prole hanno un migliore benessere generale [13].
Sulla base dei risultati evidenziati, è possibile ipotizzare alcune linee guida per operatorə medico-sanitariə:
- le diverse opzioni per la preservazione della fertilità dovrebbero essere discusse con lə pazienti prima di iniziare eventuali trattamenti medici per l’affermazione di genere, anche qualora le persone non siano attualmente interessate a questo argomento;
- lə operatorə sanitariə devono essere consapevoli del continuum lungo il quale gli individui si possono identificare per esprimere il proprio genere;
- è necessario evitare presupposti cisnormativi riguardo alle preferenze per la costruzione familiare o i desideri genitoriali;
- evitare di fare supposizioni sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere della persona che si ha davanti;
- utilizzare una terminologia neutra rispetto al genere (anche rispetto alle parti del corpo);
- rivolgersi costantemente alle persone con il loro nome e pronomi preferiti;
- predisporre bagni gender free nel proprio studio/luogo di lavoro;
- sviluppare politiche contro la discriminazione basata sul genere;
- modificare i moduli chiedendo a tuttə lə pazienti il loro nome e pronomi preferiti e fornire opzioni che vanno oltre la selezione binaria del sesso;
- esporre nelle sale d’attesa materiale informativo che permetta alle persone transgender e non binarie di sentirsi benvenute.
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- Jo Green, The Trans Partner Handbook: A Guide for When Your Partner Transitions, Jessica Kingsley Publishers, 2017